I gufi e gli angeli

«L’universo non ha un centro,
ma per abbracciarsi si fa cosí:
ci si avvicina lentamente
eppure senza motivo apparente,
poi allargando le braccia,
si mostra il disarmo delle ali,
e infine si svanisce,
insieme,
nello spazio di carità
tra te
e l’altro».

Chandra Livia Candiani, da La bambina pugile, ovvero La precisione dell’amore, Einaudi, 2014

Skellig è il romanzo d’esordio di David Almond, edito per la prima volta in Inghilterra nel 1998. Racconta una storia curiosa: la storia di Michael, un ragazzino che, con l’aiuto di una vicina, del cibo cinese e della birra scura, dona nuova vita a un essere malridotto e singolare di nome Skellig, un uomo stanco di vivere, malato di artrite, ma dotato di ali. Non si sa chi sia né da dove venga, ma si sa che dietro un aspetto ripugnante nasconde un animo profondo e  buono, in grado di dare forza a chi lo circonda, di farlo sognare e volare con le sue ali. 

Quella di Michael e Skellig è una favola moderna, che non ha bisogno di dimostrare niente a nessuno, non gioca sui colpi di scena né su antagonisti carismatici: è solo la normalissima storia di un uomo che guarisce dall’artrite e da non si sa bene quale passato con l’aiuto di alcuni amici. Il romanzo non nasconde le difficoltà della vita: la sorellina del protagonista, Mina, è malata di cuore e Skellig ha l’artrite, ma non c’è nessuno a cui dare la colpa. Del resto, la ricerca di un colpevole per qualsiasi cosa è un’azione infantile e l’autore vuole essere un maestro per i suoi lettori, che sono sì dei bambini, ma che prima o poi cresceranno e si porteranno nel cuore tante domande destinate a restare senza risposta e tante difficoltà che non potranno essere imputate a nessuno.

Non ci viene spiegato nulla di superfluo di quello che succede: sappiamo che Skellig e la sorellina di Michael sono malati e sappiamo che – alla fine – guariscono, nel corpo e nell’anima. Sappiamo che prima Michael si sente solo e poi non più. Non conosciamo il superfluo perchè non ci deve importare di null’altro che delle emozioni dei personaggi, di come essi crescano imparando ad amarsi l’un l’altro, come si impara da piccoli a camminare, o, nel caso della sorellina del protagonista, a far battere il proprio cuore.

Sono convinta che questo libro vada letto da bambini per imparare a familiarizzare con l’idea che anche dopo che si sarà cresciuti andrà bene farsi aiutare da qualcuno a rinascere, che anche da grandi sarà possibile volare e amare. Ma penso che vada letto anche da adulti, per ricordarsene e lasciarsi cullare da questa consapevolezza.

Foto della copertina del volume, di Maria Chiara Tomasicchio (libro e foto!)

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