Paloma Josse ha dodici anni e mezzo e, di tanto in tanto, ama annotare su un diario quelli che lei stessa ha denominato “movimenti del mondo”. Si tratta dei corpi e degli oggetti; degli artifici della materia, nella loro etimologia più autentica; di qualcosa che sia incarnato, tangibile, bello ed estetico; e di qualcosa che si possa toccare, assaporare, sentire sulla pelle. Ecco, un bocciolo di rosa cade dal suo stelo e si posa sul tavolo: Paloma ne ascolta il suono e ne osserva il delicato dispiegarsi. Viene a crearsi, in modo quasi inaspettato e impercettibile, un istante capace di restituire il senso ultimo del tempo, della fragilità, della creazione; sì, anche della Bellezza. Nella tanto impetuosa quanto necessaria corsa verso il realizzare qualcosa o il divenire qualcuno, questo petalo ribelle porta il sapore delicato della mattina a Parigi e della colazione, l’invito audace a fermarsi e ammirare. Paloma vuole dirci che è proprio questo spazio, il rifugio privilegiato della vita vera: è necessario, allora, cogliere l’attimo poco prima che fugga, afferrare la sua pienezza assieme all’eco che già si lascia alle spalle; e forse bisogna fare tutto questo nella quotidianità delle abitudini e degli eventi, in tutto ciò che vi è di più vicino e semplice. È “poi una questione di tempo e di rose”, di equilibrio tra l’esserci e il non esserci più, sulla soglia dell’attimo e del movimento.