Con soltanto questo breve passo Pirandello riesce a farci avere un’illuminazione. Riesce a metterci di fronte a una verità di cui probabilmente eravamo sempre stati perfettamente consapevoli ma che avevamo tenuto sopita al fine di non impazzire. Il bello è che si tratta di un concetto tutto sommato molto divertente su cui ragionare: l’immagine che noi abbiamo di noi stessi è differente da quella che gli altri hanno di noi, pertanto anche il modo che noi abbiamo di vedere gli altri è differente da quello in cui loro percepiscono sé stessi.
In queste poche righe si racchiude il nocciolo della questione eterna della domanda sull’identità. Su che cosa si fonda? Come viene definita? La risposta che sembra dare l’autore è, pare, che l’identità non esista. Quindi in un volume dal tono abbastanza leggero si arriva a parlare di argomenti filosofici che in realtà non potranno mai trovare una risposta univoca, come anche la questione dell’inconsistenza delle parole.
In questo, ossia nella leggerezza e allo stesso tempo il grottesco con cui si scivola nella filosofia, sta la bellezza di Uno, nessuno e centomila.